Roccadaspide: la storia

Roccadaspide: le origini, la storia, il nome.

-- Origini e Toponomastica --
Le origini di Roccadaspide sono assai incerte. Il primo nucleo abitativo è forse sorto in tempi assai lontani, ancor prima dell'anno 1000, quando, a seguito delle frequenti incursioni dei Vandali divenuti padroni dell' Africa Settentrionale, gli abitanti delle antiche città che rifiorivano sulla costa tirrenica, come Pesto, che aveva però già perduto l'antico splendore per l'insorgere della malaria nelle zone circostanti, soggette alle tracimazioni del Sele, per mancanza di difese, si rifugiarono in luoghi sicuri e salubri, per sfuggire alle malattie, alle devastazioni ed alle catture.
Le origini di Roccadaspide si intrecciano con i miti, le leggende e la storia dei popoli che abitavano la Valle del Calore. Il nome stesso, “Roccadaspide”, suggerisce un legame con la natura e la protezione: "rocca" richiama un luogo fortificato, mentre “aspide” potrebbe riferirsi al termine greco aspìs ovvero “difesa” o “scudo”. Altre fonti ritengono che Roccadaspide sia stata fondata addirittura intorno al 70 a.C., dopo che alcuni ribelli di Spartaco (71-7 3 a.C.) si fermarono laddove sorge il castello, costruendo le loro dimore sulla parte più aspra del monte roccioso.
Già in epoca preistorica, le fertili terre circostanti attrassero insediamenti umani. Con l’arrivo degli Etruschi e, successivamente, dei Greci di Paestum (VII-VI secolo a.C.), il territorio fu sede di un’intensa attività culturale e commerciale. I ritrovamenti archeologici presso la località Tempalta (1984—85 proprietà De Rosa), tra cui tombe e ceramiche, testimoniano un’influenza diretta di queste civiltà. La vicina area di Fonte, con il suo antico santuario dedicato a una divinità delle acque, rivela il ruolo centrale della spiritualità legata al fiume Cosa, un elemento essenziale per la sopravvivenza e lo sviluppo della comunità.  Nel 1964, durante lavori idraulici a Roccadaspide, presso la sorgente Fonte nella contrada omonima lungo il Torrente Cosa, vennero rinvenuti numerosi reperti archeologici: statuette fittili femminili, frammenti di vasellame e armi. Successivi scavi condotti da G. Voza rivelarono un deposito votivo databile tra il VI e il III secolo a.C., situato tra due rocce sporgenti e composto da più strati. L'elevato numero e la qualità dei reperti, simili a quelli dell'Heraion di Foce Sele, portarono gli archeologi a ipotizzare la presenza di un Santuario minore nella zona, forse legato all'occupazione greca della Valle Pestana.

Incertezze si hanno sul suo nome. In origine era chiamato Casavetere di Capaccio o San Nicola de Aspro nel ‘900. Nel 1100 compare con il nome di Roccae, confermando l'esistenza di una rocca o di una torre. Nella bolla pontificia di Papa Celestino III datata Roma 15 maggio 1191 viene riportato come "Rocchae". Intorno al XII secolo, il centro abitato fu chiamato come Rocca D’Aspris o Rocca de Aspis, dal greco aspis che significa scudo, difesa. Negli anni compresi fra il 1815 ed il 1820 il paese cambiò ancora nome, assumendo il nome di Rocca D'Aspro, mutato poi dapprima in Rocca D’Aspide all’atto dell’unità d’Italia ed ai primi di questo secolo in Roccadaspide.

Dalle nostre ricerche è emerso anche che, su una cartina geografica del Principato Citra, realizzata da Giovanni Antonio Magini (1555-1617) ed inserita nel libro "ITALIA", pubblicato postumo nel 1620, l'attuale Roccadaspide è riportata come "RIVO DELL'ASPRO". Allo stesso modo è riportata  su una cartina geografica del Principato Citra, realizzata da Antonio Bulifon (1649-1707) nel 1692 e inserita nel libro "Accuratissima delineazione del Ex Regno di Napoli con le sue XII provincie distinte" scritto dallo stesso autore e stampato nel 1692 (con ristampe nel 1714, 1734 e 1794). Vedi immagini di seguito

copertina del libro "ITALIA", pubblicato postumo nel 1620  Carta geografica di Principato Citra riportata nel libro "ITALIA", pubblicato nel 1620  dettaglio della carta geografica di Principato Citra riportata nel libro "ITALIA", pubblicato nel 1620  ritratto di Giovanni Antonio Magini  copertina del libro Accuratissima delineazione del Ex Regno di Napoli con le sue XII provincie distinte  carta geografica del Principato Citra di Antonio Bulifon  dettaglio carta geografica del Principato Citra di Antonio Bulifon  dettaglio carta geografica del Principato Citra di Antonio Bulifon  ritratto di Antonio Bulifon.

-- La Rocca e il Medioevo --
Con il crollo dell’Impero Romano d’Occidente, Roccadaspide entrò in una fase di riorganizzazione sotto l’influenza longobarda (VI-X secolo). Fu in questo periodo che nacque il primo nucleo fortificato, un baluardo essenziale contro le incursioni barbariche e saracene. Durante il Principato di Salerno, l’importanza strategica della rocca crebbe ulteriormente, data la sua posizione dominante sulla valle.
Nel 1130, con la nascita del Regno di Sicilia, Roccadaspide entrò nella sfera di controllo normanno. Ruggero II favorì il consolidamento delle fortificazioni, integrandole nella rete difensiva del regno. La prima menzione ufficiale del paese come “Roccae” appare in una bolla papale di Celestino III nel 1191, confermandone lo status di centro strategico e religioso.
Il XIII secolo vide il consolidamento della rocca sotto Federico II di Svevia, il quale, dopo aver sedato la congiura di Capaccio, trasformò il castello in una roccaforte inespugnabile. Le caratteristiche difensive, come le possenti mura e le torri semicircolari, riflettevano l’ingegneria avanzata dell’epoca, rendendo Roccadaspide un baluardo contro le rivolte locali e le invasioni esterne.

-- Dal Feudo ai Filomarino --
Con l’avvento degli Angioini e poi degli Aragonesi, Roccadaspide fu assegnata a diverse famiglie nobiliari fino a diventare, nel 1549, un possedimento dei Filomarino. Questa famiglia aristocratica trasformò il paese in un importante centro amministrativo e culturale.
Giovanbattista Filomarino, figura di spicco, si distinse per il suo mecenatismo e la promozione del culto locale. La donazione delle reliquie dei santi patroni Sinforosa e Getulio contribuì a rafforzare il legame tra la popolazione e la fede, trasformando Roccadaspide in un punto di riferimento religioso per la regione. Durante il dominio dei Filomarino, il castello fu ampliato e adattato a residenza signorile. L’urbanizzazione del borgo si intensificò, con la costruzione di palazzi borghesi e chiese che riflettevano il crescente benessere della comunità.
Prima dei Filormarino fu feudo della potente famiglia dei Sanseverino, ma non vi è traccia di una loro dimora, e successivamente della famiglia Guevara, che legò il suo nome alla costruzione di un grande convento di clausura nel 1350 circa, utilizzato da vari ordini religiosi femminili, e nonché di un convento, ora diruto, detto di Santa Maria, posto poco fuori dell'abitato, intorno al 1430. La struttura che ha determinato la conformazione urbanistica della parte antica del centro urbano è il castello medioevale, che costruito intorno al 1245, ai tempi di Federico II, ha avuto varie aggiunte e trasformazioni attraverso i secoli. In seguito, è stato di proprietà dei principi Filomarino, che restaurarono ed ampliato il castello dei Guevara, dandogli la mole e la forma che ancora oggi si ammirano, anche se deturpate da scriteriati interventi. Nell'800 passò poi di proprietà alla famiglia Giuliani.
Il borgo visse un periodo florido tra il Cinquecento e la prima metà del Seicento, sino a quando la popolazione fu sterminata dall’epidemia di peste del 1656. Intorno al XVII - XVIII secolo il nucleo abitativo era cinto di mura ed era dotato di due porte.
Fino ad allora il centro urbano si era essenzialmente sviluppato nella parte sottostante il castello. A partire dalla fine del 1700 invece, le migliorate condizioni di una parte della popolazione porteranno all'edificazione di una serie di palazzi borghesi nella parte sopraelevata rispetto al castello e, al termine di un lungo ciclo di costruzione durato decenni, furono costruiti i quartieri di via Perillo, via Santa Rosa, via Mazzini e piazza XX Settembre.

-- Il Novecento e le Guerre Mondiali --
Nel XX secolo, Roccadaspide affrontò le sfide dell’industrializzazione e delle guerre mondiali. La costruzione di infrastrutture stradali favorì l’accesso alle contrade rurali e incentivò lo sviluppo agricolo. Tuttavia, la Seconda Guerra Mondiale segnò profondamente il paese. Roccadaspide, infatti, fu direttamente coinvolta nelle manovre militari nel corso dell'Operazione Avalanche intrapresa dagli Alleati. Durante tale azione di guerra, le truppe tedesche tentarono di mantenere la posizione in Roccadaspide allo scopo di controllare il percorso stradale che conduceva verso l'interno e questo fece sì che, in quei giorni, oltre al passaggio degli eserciti belligeranti, si verificassero due significativi episodi bellici: la sera dell'11 settembre 1943 l'esercito tedesco attaccò a cannonate alcune postazioni site nelle campagne causando due vittime, mentre il giorno 15 settembre 1943 alle ore 16:00, all'indomani dello sbarco degli Alleati sul litorale di Paestum, un bombardamento aereo dall’aviazione americana colpì il centro urbano causando 41 vittime civili e danneggiando molti edifici tra i quali la Chiesa dell’Assunta.
La ricostruzione del dopoguerra fu accompagnata da un’intensa emigrazione verso il Nord Italia e l’estero, in cerca di migliori opportunità economiche. Ciò ridusse temporaneamente la popolazione, ma contribuì anche a rafforzare i legami tra gli emigranti e la loro terra d’origine.

-- Patrimonio e Identità Culturale --
Oggi Roccadaspide si distingue per il suo ricco patrimonio storico e naturale. Il castello medievale, con la sua struttura imponente, è il simbolo della resilienza della comunità. Le feste religiose, come la celebrazione dei santi patroni, continuano a unire gli abitanti e a tramandare tradizioni secolari.

La storia di Roccadaspide non è solo il racconto di un borgo fortificato, ma una narrazione di adattamento, crescita e trasformazione. Ogni epoca ha lasciato un segno, rendendo questo piccolo centro un testimone vivo delle vicende che hanno attraversato la Valle del Calore.

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(1) Giovanni Antonio Magini, noto anche con il nome latino Maginus (Padova, 13 giugno 1555 – Bologna, 11 febbraio 1617), è stato un astronomo, cartografo, matematico e astrologo italiano. Come cartografo, realizzò l’Atlante geografico d’Italia, che il figlio fece stampare dopo la sua morte nel 1620. L’atlante fu programmato per includere le mappe di ogni regione italiana con la nomenclatura esatta e le note storiche. Composto da un breve testo descrittivo di sole 24 carte, l’opera è corredata di 61 carte geografiche della penisola e costituisce il primo esempio di atlante italiano. Nonostante pubblicata postuma, l’opera è per intero di mano del Magini, che iniziò la realizzazione delle carte nel 1594 circa, dando alla luce per prima nel 1595 la carta del territorio di Bologna. Tutte le carte vennero alle stampe quindi prima del 1620, nelle loro stesure provvisorie, che successivamente furono corrette e aggiornate per l’edizione definitiva. Tali prove sono rarissime. Per la realizzazione delle lastre il Magini si servì  di due dei più famosi intagliatori dell’epoca; il belga Arnoldo Arnoldi e l’inglese Benjamin Wright. Per coprire gli onerosi costi del progetto Magini seguì privatamente la formazione matematica dei figli di Vincenzo I di Gonzaga, Duca di Mantova, mecenate delle arti e delle scienze. Il Duca, a cui dedicò l’atlante, lo sostenne nel progetto permettendo che gli fossero recapitate mappe di vari stati d’Italia; anche i governi di Messina e Genova lo sostennero finanziariamente. Grande sostenitore dell’astrologia, Magini difese l’uso della medicina nel suo “De astrologica ratione” (Venezia, 1607). Fu in corrispondenza con Tycho Brahe, Clavius, Abraham Ortelius e Johannes Kepler. Le sue lettere furono pubblicate nel 1886 da Antonio Favaro. In suo onore fu dato il nome di Maginus a un cratere lunare.

(2) Antoine Bulifon, italianizzato in Antonio Bulifon (Chaponnay, 24 giugno 1649 – Spagna, luglio 1707), fu un cronista ed editore di origine francese attivo a Napoli nella seconda metà del XVII secolo.
Le vicende del periodo della vita di Antoine Bulifon antecedente a quello napoletano possono essere desunte da una lettera autobiografica pubblicata nel 1693 in cui egli narra di essere nato a «Chaponay nel Delfinato» da un notaio, di essersi recato dapprima in alcune città della Francia, poi a Roma per assistere ai funerali di papa Clemente IX, e infine a Napoli dove giunse il 22 luglio 1670; «innamoratosi del suo sito, della amenità delle sue campagne, della clemenza del suo clima e della avvenenza de' suoi abitanti, fe risoluzione di sceglierla fra tante per sua perpetua stanza». A Napoli aprì una libreria a San Biagio dei librai (Spaccanapoli); nel 1672 si trasformò in editore pubblicando il Filo d'Arianna di Pompeo Sarnelli.
Nel 1673 Bulifon sposò Maddalena Criscuolo, una giovane napoletana, ottenendo così la cittadinanza ed evitando anche l'espulsione dal vicereame spagnolo di Napoli per lo scoppio della guerra fra Francia e Spagna. Nel 1700 salì al trono di Spagna il francese Filippo V, fondatore della dinastia dei Borbonica spagnola. Bulifon appoggiò la nuova dinastia e ottenne dal viceré marchese di Villena il compito di organizzare la pubblicazione di un nuovo codice, che avrebbe dovuto chiamarsi Codice Filippino.
Bulifon cedette pertanto la direzione della libreria, della casa editrice e della Gazzetta — fino ad allora appaltata al Parrino — al proprio figlio Niccolò. La redazione del codice fu tuttavia interrotta nel 1707 in seguito all'occupazione austro-imperiale di Napoli durante la Guerra di successione spagnola. Le attività del Bulifon e i suoi figli divennero bersaglio di ostilità, a quanto pare incitata dal Parrino, da parte degli imperiali e dei napoletani fiancheggiatori degli invasori. Niccolò fu bastonato due volte dagli avversari; Antonio Bulifon fu costretto ad abbandonare Napoli e a rifugiarsi in Spagna, dove probabilmente apprese la notizia della sua libreria distrutta dalla plebaglia napoletana. Antonio Bulifon morì in Spagna poco dopo, ma non sono noti né la data né il luogo della sua morte.

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