Ungaretti Giuseppe - 1888

Giuseppe Ungaretti (Alessandria d'Egitto, 8/11/1888 – Milano, 1/6/1970) è stato un poeta, scrittore, traduttore e giornalista italiano.

Giuseppe Ungaretti, notissimo poeta del nostro Novecento, è meno noto come prosatore, anche perché la sua produzione è dispersa in articoli, traduzioni, saggi critici apparsi su varie riviste. Uno dei pochi volumi di prose è "Il Deserto e dopo", pubblicato nel 1961 da Mondadori, che raccoglie articoli scritti fra il 1931 e il 1934 sui suoi viaggi fra Egitto, Corsica, Italia, Olanda. La terza parte, intitolata "Mezzogiorno", comprende alcune pagine di diario sul nostro Cilento, percorso da Ungaretti nella primavera del 1932.

È stato uno dei principali poeti della letteratura italiana del XX secolo. La sua poesia, inizialmente influenzata dal simbolismo francese, fu caratterizzata, nei primi tempi, da componimenti brevissimi, costituiti da poche parole essenziali e da analogie a volte ardite, compresi principalmente nella raccolta L'Allegria (1919); passò poi a lavori più complessi e articolati dal contenuto concettualmente difficile. Una terza fase della sua evoluzione poetica, segnata dal dolore per la perdita prematura del figlio, ha compreso opere meditative dall'intensa riflessione sul destino umano. Negli ultimi anni le sue poesie furono specchio della saggezza, ma anche del distacco e della tristezza dell'età avanzata. È stato inoltre considerato, da alcuni critici, come anticipatore dell'ermetismo.

«La poesia è poesia quando porta in sé un segreto.» (Giuseppe Ungaretti - Intervista presso la Rai di Ettore Della Giovanna, 1961)

Giuseppe Ungaretti nacque ad Alessandria d'Egitto, nel quartiere periferico Moharrem Bek, l'8 febbraio del 1888 da genitori italiani originari della provincia di Lucca. Il padre Antonio (1842-1890) era un operaio impiegato allo scavo del canale di Suez, che morì due anni dopo la nascita del futuro poeta a causa di un'idropisia, malattia contratta negli anni di estenuante lavoro. La madre, Maria Lunardini (1850-1926), mandò avanti la gestione di un forno di proprietà, con il quale riuscì a garantire gli studi al figlio, che si poté così iscrivere presso una delle più prestigiose scuole di Alessandria d'Egitto, la svizzera École artistique Jacot. Alla figura materna dedicherà la poesia "La madre", scritta nel 1930, a quattro anni dalla morte della donna.

L'amore per la poesia sorse in lui durante questo periodo scolastico, intensificandosi grazie alle amicizie che egli strinse nella città egiziana, così ricca di antiche tradizioni come di nuovi stimoli, derivanti dalla presenza di persone provenienti da tanti paesi del mondo; Ungaretti stesso ebbe una balia originaria del Sudan, una domestica croata e una badante argentina.

In questi anni, attraverso la rivista Mercure de France, il giovane si avvicinò alla letteratura francese e, grazie all'abbonamento a La Voce, anche a quella italiana. Inizia così a leggere, tra gli altri, le opere di Arthur Rimbaud, Stéphane Mallarmé, Giacomo Leopardi, Friedrich Nietzsche e Charles Baudelaire, quest'ultimo grazie all'amico Mohammed Sceab.

Ebbe anche uno scambio epistolare con Giuseppe Prezzolini. Nel 1906 conobbe Enrico Pea, da poco tempo emigrato in Egitto, con il quale condivise l'esperienza della "Baracca Rossa", un deposito di marmi e legname dipinto di rosso, sede d'incontri per socialisti e anarchici.

Iniziò a lavorare come corrispondente commerciale, attività che svolse per qualche tempo, ma realizzò alcuni investimenti sbagliati; si trasferì poi a Parigi per intraprendere gli studi universitari.

Nel 1912, dopo un breve periodo trascorso a Il Cairo, lasciò dunque l'Egitto e si recò in Francia. Nel tragitto vide per la prima volta l'Italia e il suo paesaggio montano. A Parigi, frequentò per due anni le lezioni tenute dal filosofo Henri Bergson, dal filologo Joseph Bédier e da Fortunat Strowski, presso la Sorbona (presentando una tesina su Maurice de Guérin con Strowski) e il Collège de France.

Entrato in contatto con un ambiente artistico internazionale, conobbe Guillaume Apollinaire, con il quale strinse una solida amicizia, Giovanni Papini, Ardengo Soffici, Aldo Palazzeschi, Pablo Picasso, Giorgio de Chirico, Amedeo Modigliani e Georges Braque. Invitato da Papini, Soffici e Palazzeschi, iniziò ben presto a collaborare alla rivista Lacerba, pubblicando tra il febbraio e il maggio del 1915 poesie d'ispirazione futurista (alcune sue liriche richiamano direttamente i versi di Palazzeschi).

Nel 1913 morì l'amico d'infanzia Moammed Sceab, suicida nella stanza dell'albergo di rue des Carmes, che condivideva con Ungaretti. Nel 1916, all'interno della raccolta di versi "Il porto sepolto", verrà pubblicata la poesia, a lui dedicata, "In memoria". La figura dell'amico morto suicida a Parigi è presente anche in altri testi, quali ad es. Roman cinema (in francese) e Chiaroscuro. Ungaretti ne parla più volte anche nella corrispondenza epistolare.

In Francia, Ungaretti filtrò le precedenti esperienze, perfezionando le conoscenze letterarie e lo stile poetico. Dopo qualche pubblicazione su Lacerba (16 componimenti), avvenute grazie al sostegno di Papini, Soffici e Palazzeschi, decise di partire volontario per la Grande Guerra.

Quando nel 1914 scoppiò la prima guerra mondiale, Ungaretti partecipò attivamente alla campagna interventista, arruolandosi in seguito nel 19º Reggimento di fanteria della Brigata "Brescia", quando, il 24 maggio del 1915, l'Italia entrò in guerra. A seguito delle battaglie sul Carso, cominciò a tenere un taccuino di poesie, che furono poi raccolte dall'amico Ettore Serra (un giovane ufficiale) e stampate, in 80 copie, presso lo Stabilimento Tipografico Friulano di Udine nel 1916, con il titolo "Il porto sepolto". Collaborava a quel tempo anche al giornale di trincea "Sempre Avanti". Trascorse un breve periodo a Napoli, nel 1916. Il 26 gennaio del 1917, a Santa Maria la Longa, in provincia di Udine, scrisse la nota poesia "Mattina".

Nella primavera del 1918, il reggimento al quale apparteneva Ungaretti si recò a combattere in Francia, nella Champagne, con il II Corpo d'armata italiano del generale Alberico Albricci. Nel luglio 1918 scrisse "Soldati", composta nel bosco di Courton. Al suo rientro a Parigi, il 9 novembre del 1918, nel suo attico parigino, trovò il corpo dell'amico Guillaume Apollinaire, stroncato dalla febbre spagnola.

Dopo la guerra, Ungaretti restò nella capitale francese, dapprima come corrispondente del giornale "Il Popolo d'Italia", diretto da Benito Mussolini, e in seguito come impiegato all'ufficio stampa dell'ambasciata italiana.

Nel 1920 conobbe e sposò Jeanne Dupoix.

Nel 1921, si trasferì con la famiglia a Marino, in provincia di Roma,[19] e collaborò all'ufficio stampa del Ministero degli esteri. Gli anni venti segnarono un cambiamento nella vita privata e culturale del poeta. Aderì al fascismo,[20] firmando il Manifesto degli intellettuali fascisti nel 1925.

Nel 1925, come accennato, fu tra i firmatari del Manifesto degli intellettuali fascisti, redatto da Giovanni Gentile e pubblicato sui principali quotidiani dell'epoca, in cui si esaltava il fascismo come un movimento rivoluzionario e proiettato al progresso.

L'8 agosto del 1926, nella villa di Luigi Pirandello, nei pressi di Sant'Agnese, sfidò a duello Massimo Bontempelli, a causa di una polemica nata sul quotidiano romano Il Tevere: Ungaretti fu leggermente ferito al braccio destro e il duello finì con una riconciliazione ("Il duello Ungaretti - Bontempelli" Vedi GALLERIA IMMAGINI a fondo pagina).

Sempre nell'estate del 1926, si trasferì a Marino (dove scrisse la poesia Stelle), ufficializzò all'anagrafe la sua nuova residenza il 21 luglio 1927, prima in un appartamento sito al numero civico 68 di corso Vittoria Colonna, poi, dall'8 settembre 1931, in un villino di viale Mazzini con numero civico 7, detto il "Ghibellino", dove soggiornò fino al 27 settembre 1934 con la moglie Jeanne Dupoix e la figlia Anna Maria.

Nel 1928, invece, maturò la sua conversione religiosa al cattolicesimo, come testimoniato anche nell'opera Sentimento del Tempo.

A partire dal 1931, il poeta ebbe l'incarico di inviato speciale per La Gazzetta del Popolo e si recò, pertanto, in Egitto, in Corsica, nei Paesi Bassi e nell'Italia meridionale, raccogliendo il frutto di quest'esperienze vissute nella raccolta "Il povero nella città" (che sarà pubblicato nel 1949), e nella sua rielaborazione "Il deserto e dopo", che vedrà la luce solamente nel 1961. Nel 1933 il poeta aveva raggiunto il massimo della sua fama.

Nel 1936, durante un viaggio in Argentina su invito del Pen Club, gli venne offerta la cattedra di Letteratura italiana presso l'Università di San Paolo del Brasile, che Ungaretti accettò; trasferitosi quindi con tutta la famiglia in Brasile, vi rimarrà fino al 1942. A San Paolo, morirà il figlio Antonietto nel 1939, all'età di nove anni, per un'appendicite mal curata, lasciando il poeta in uno stato di acuto dolore e d'intensa prostrazione interiore, evidente in molte delle sue poesie successive, raccolte ne "Il Dolore" del 1947, e in "Un Grido e Paesaggi" del 1952.

Nel 1942 Ungaretti ritornò in Italia e venne nominato Accademico d'Italia e, "per chiara fama", professore di Letteratura moderna e contemporanea presso l'Università "La Sapienza" di Roma. Nel marzo 1943, Ungaretti tenne una lezione all'Università di Zagabria su "Leopardi iniziatore della lirica moderna", nell'ambito delle più grandi politiche mussoliniane di penetrazione culturale dell'Italia in Croazia. Nonostante i suoi meriti letterari e accademici, il poeta sarebbe stato vittima dell'epurazione seguita alla caduta del regime fascista: esattamente dal luglio del 1944, anno in cui il Ministro dell'Istruzione Guido de Ruggero firmò il decreto di sospensione di Ungaretti dall'insegnamento, fino al febbraio 1947, quando il nuovo Ministro dell'Istruzione Guido Gonella reintegrò definitivamente il poeta come docente. A testimonianza del suo strenuo impegno per essere reintegrato, c'è una lettera, datata 17 luglio 1946, inviata all'allora presidente del Consiglio Alcide De Gasperi, in cui Ungaretti difendeva la propria causa, elencando i suoi numerosi meriti conseguiti in Italia e all'estero. Il poeta avrebbe poi mantenuto il suo ruolo di docente universitario fino al 1958 e in seguito, come "fuori ruolo", fino al 1965. Attorno alla sua cattedra si formarono alcuni degli intellettuali che si sarebbero in seguito distinti per importanti attività culturali e accademiche, come Leone Piccioni, Luigi Silori, Mario Petrucciani, Guido Barlozzini, Raffaello Brignetti, Raffaele Talarico, Ornella Sobrero ed Elio Filippo Accrocca.

A partire dal 1942 la casa editrice Mondadori iniziò la pubblicazione dell'opera omnia di Ungaretti, intitolata "Vita d'un uomo". Nel secondo dopoguerra, Ungaretti pubblicò nuove raccolte poetiche, dedicandosi con entusiasmo a quei viaggi che gli davano modo di diffondere il suo messaggio e ottenendo significativi premi, come il premio Montefeltro nel 1960 e il premio Etna-Taormina nel 1966. Pubblicò un'apprezzata traduzione della Fedra di Racine e nel 1954 sfiorò il premio Nobel per la letteratura.

Nel 1958 il poeta fu colpito da un grave lutto: l'amata moglie Jeanne si spense in seguito a una lunga malattia.

Nei suoi ultimi anni Giuseppe Ungaretti intrecciò una relazione sentimentale con l'italo-brasiliana Bruna Bianco (più giovane di lui di cinquantadue anni), conosciuta casualmente in un hotel di San Paolo del Brasile, dove si trovava per una conferenza. Della loro appassionata storia d'amore restano, come testimonianza, quattrocento lettere. Nel 1968 Ungaretti ottenne particolare successo grazie alla televisione: prima della messa in onda dello sceneggiato televisivo l'Odissea di Franco Rossi, il poeta leggeva alcuni brani tratti dal poema omerico, suggestionando il pubblico grazie alla sua espressività di declamatore. Sempre nel 1968, per i suoi ottant'anni, Ungaretti venne festeggiato in Campidoglio, in presenza del presidente del Consiglio Aldo Moro; a rendergli onore i poeti Montale e Quasimodo (guarda il video su ARCHIVIO LUCE).

Nel 1969 la Mondadori inaugurò la collana dei Meridiani pubblicando l'opera omnia ungarettiana. Nello stesso anno il poeta fondò l'associazione Rome et son histoire. Nel novembre 1969 è uscito l'album discografico "La vita, amico, è l'arte dell'incontro" di Giuseppe Ungaretti, Sergio Endrigo e Vinícius de Moraes. Nella notte tra il 31 dicembre del 1969 e il 1º gennaio del 1970, Ungaretti scrisse la sua ultima poesia, "L'Impietrito e il Velluto", pubblicata in una cartella litografica il giorno dell'ottantaduesimo compleanno del poeta.

Nel 1970, un viaggio a New York, negli Stati Uniti, durante il quale gli fu assegnato un prestigioso premio internazionale dall'Università dell'Oklahoma, debilitò definitivamente la sua pur solida fibra. Morì a Milano, nella notte tra il 1º e il 2 giugno del 1970, all'età di 82 anni, per una broncopolmonite. Il 4 giugno si svolse il suo funerale a Roma, nella basilica di San Lorenzo fuori le mura, ma non vi partecipò alcuna rappresentanza ufficiale del Governo italiano. È sepolto nel cimitero del Verano, accanto alla moglie Jeanne.

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