1872 - Un brigante politico (14 Dicembre)

Per capire meglio l'articolo del giornale La Stampa ed il perché del titolo, è necessaria una premessa:
Giuseppe Tardio (Piaggine 1834 – Favignana 1892) era primo di quattro fratelli ed aveva studiato con sacrifici presso il Reale Liceo di Salerno, laureandosi nel 1858, a 24 anni, in Legge con il massimo dei voti. Sicuramente fu il capobanda più colto e politicizzato di tutti, ma nel suo curriculum non mancarono atti di banditismo violento anche se egli si vantò sempre di aver ricevuto direttamente da Francesco II, a Palazzo Farnese, il mandato di capeggiare i peones cilentani contro gli “invasori” sabaudi, e si proclamò, orgogliosamente, “Capitano Comandante l’armi borboniche“. Per anni fu una spina nel fianco del nuovo Stato, che per frenare la sua arrembante azione impegnò guardia nazionale, esercito e carabinieri. Dai processi e dallo studio dei documenti di archivio risulta che gli uomini alle sue dipendenze, benché organizzati militarmente, non superarono il numero di duecento e che Tardio non effettuò mai azioni di guerriglia oltre il Cilento, dove invece fece sventolare la bandiera del Borbone su una decina di piccoli paesi. Fu catturato nel 1870 e incarcerato prima a Roma e poi a Salerno, per essere poi processato per brigantaggio dal Tribunale di Vallo della Lucania.
Fu istituito il processo e Tardio nominò suo difensore l’avvocato Carmine Zottoli, del foro di Salerno e famoso difensore di "briganti". Il 24 maggio 1871 egli produsse una sua memoria difensiva, nella quale rispondeva per iscritto sui capi d’accusa:
“Io non sono colpevole di reati comuni poiché il mio stato, il mio carattere e la mia educazione non potevano mai fare di me un volgare malfattore; io non mi mossi e non agii che con intendimenti e scopi meramente politici; talché non si potrebbe chiamarmi responsabile di qualsivoglia reato comune che altri avesse per avventura perpetrato a mia insaputa contro la espressiva mia volontà e contro il chiarissimo ed unico scopo per cui la banda era stata da me radunata”
Giuseppe Tardio (Piaggine 1/10/1834 – Favignana 13/6/1892). Ritratto del capobanda brigante Giuseppe Tardio

Sabato 14 Dicembre 1872 - UN BRIGANTE POLITICO

Giornale LA STAMPA, Sabato 14 Dicembre 1872

UN BRIGANTE POLITICO.
Ecco i fatti del famigerato capobanda Tardio, di cui tenemmo parola nel nostro numero 343. La sera del 15 settembre del 1861, una barca a vela proveniente da Civitavecchia dava fondo sulla spiaggia di Agropoli. Il capobanda Giuseppe Tardio e trentadue gregari sbarcavano sul lido, prendendo la volta di un vicino comune. Da quel giorno incominciò la vita avventuriera del Tardio, e durò tre anni. In questo periodo abbastanza lungo invase parecchi comuni del Salernitano, tra' quali Acampora (Campora), Cammarota (Camerota), Colle, Alfano. Entrava dovunque a bandiera spiegata, in nome di Francesco II, in nome del Papa.
Dimetteva le autorità costituite, disarmava le guardie nazionali, vuotava le casse pubbliche, rilasciava ricevute in nome dell'ex-re di Napoli, e consagrava le sue non durature vittorie, recandosi nella chiesa principale del Comune invaso, ed ivi in mezzo alle simpatie dei contadini, allo sguaiato motteggiare dei suoi, intonava egli pel primo i versetti del Te Deum. Più volte inseguito dalla forza, più volte battuto, vide la sua banda assottigliarsi. Molti disertavano, e tra essi vi fu un tale, che era di Civitella del Tronto. Chi sa perché questo disertore volle dopo pochi giorni tornare presso i suoi antichi compagni? Non l'avesse mai fatto, perchè Tardio volendo raffermare la disciplina e dare un esempio, ordinò che fosse fucilato, e lo fu. Un altro giorno nel comune di Cammarota (Camerota) è preso dalla banda un frate cappuccino per nome Feola, e trascinato sulla pubblica piazza venne ucciso.
Questi fatti raddoppiano nelle autorità il desiderio di finirla con quei malviventi. Costretto di fatti il Tardio a non aver tregua, volle, per iscampare da una rotta, dividere la sua banda in parecchie. Spezzata però l'autorità del capo, si ruppe l'accordo, e Tardio fu costretto di fare un appello ai suoi, perchè convenissero in un giorno determinato nelle montagne di Novi.
I chiamati vi si recarono, e quelle solitudini furono popolate da ben cento masnadieri. Tardio si mise nuovamente a capo di essi; scesero nelle terre sottoposte, per tentare un fatto memorabile. Furono vane speranze; le discordie gli alienarono l'animo dei suoi, la guardia nazionale di Piaggine lo assalì con furia e lo ebbe sconfìtto, e le speranze che gli riempivano l'animo sulle alture di Novi, si dileguarono e spensero!
Quasi in tutto l'anno 1863, colui che invidiava le fortune di Sciarra e di Fra Diavolo, e che voleva calcare le loro orme, visse di ricatti, di piccoli furti, di miserabili rapine. Nel generale in parodia, rivisse l'istinto del predone.
Rifugiato a Roma, vi fu colto dalla polizia nostra nel 20 settembre del 1870, ed ora, insieme ai suoi compagni Pietro Rubano, Rosario Cocozzello, Pietro Battagliese, Francesco Antonio d'Acquisto, Francesco Mazzeo (Mazzei), Micola (Nicola) d'Angelo ed Apollonio Marino, aspettano dalla Corte d'Assisie di Salerno il verdetto sui reati di cui sono accusati.
La difesa è sostenuta dagli avvocati Zottoli, Enrico Gaeta e de Leo.
Giuseppe Tardio non ha varcato il trentesimo anno d'età. È di statura giusta, di membra asciutte, di capelli biondi e di volto gentile. Gli altri suoi complici non si distinguono che per la volgarità delle fisonomie e l'indifferenza con la quale assistono al pubblico dibattimento. Daremo l'esito del giudizio tra breve.

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Fonte:

LA STAMPA Archivio Storico dal 1867 - Giornale LA STAMPA, Sabato 14 Dicembre 1872

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