1872 - Un brigante politico (11 Dicembre)

Mercoledì 11 Dicembre 1872 - UN BRIGANTE POLITICO

Giornale LA STAMPA, Mercoledì 11 Dicembre 1872

UN BRIGANTE POLITICO.
Leggiamo nell'Unità Nazionale:
È in discussione da qualche giorno alla Corte d'Assise di Salerno un processo importante.
Sullo sgabello siedono otto briganti, compreso il capo, il famoso Giuseppe Tardio, ed il suo luogotenente Pietro Rubano.
Giuseppe Tardio rigetta lungi da sè il nome di brigante; egli si vanta di aver tentato, nè più nè meno, che la conquista del Regno per ridonarlo a Francesco II. Si atteggia dunque a capo di bande politiche; non cela i suoi principii reazionari, ed usa tutta la coltura che acquistò a scuola per convincere i suoi giudici delle sue convinzioni.
Abbiamo detto essere il Tardio colto e non a caso. Egli era, pria di darsi alla vita rischiosa del brigante, un procuratore, e studiò legge a Salerno. Nel 1860 partì per Roma, dove fu fornito di viveri e di mezzi dal Governo papale e dal Comitato borbonico, e lanciato sulle nostre contrade con parecchi seguaci, vere cime di birboni. Quello che egli facesse con i suoi diremo dimani. Per oggi si accontentino i nostri lettori di queste notizie e del seguente documento che è una difesa che il Tardio ha scritto di suo pugno. È una difesa abbastanza singolare ed interessante e che si leggerà con piacere. Essa è concepita così:
«La conquista di Carlo III (1734) legalizzata dalla pace d'Aquisgrana (1748), la restaurazione del 1815 ed il trattato di Vienna del medesimo anno, costituivano i Borboni a regnare re delle Due Sicilie.
«Gli avvenimenti del 1860 obbligavano Francesco II a far la sua ritirata in Roma, dove lo seguivano tutti i rappresentanti delle potenze europee presso esso accreditati.
«Indi nel giugno 1861, quantunque Napoleone III esordisse a riconoscere il Re d'Italia, e di mano in mano, sino alla fine del 1866, l'imitassero le altre potenze (meno il Papa), ciò non ostante, tutti questi potentati (non escluso Napoleone) nei loro atti diplomatici riconoscevano il Re d'Italia nel solo fatto (uti possidetis) ed espressamente serbavano illesi i diritti (l'unde vis) dei principi spodestati. Da ciò si deduce che il Borbone, avvegnacchè spodestato con la forza delle armi, rimaneva e rimane tuttavia di diritto re delle Due Sicilie al cospetto del diritto pubblico di Europa.
«E poiché egli è da questo diritto cui emana il mio principio politico, ne consegue che tutte le mie operazioni del 1861-62-63 sono l'esercizio di altrettanti atti di un Governo legittimo-rappresentativo riconosciuto da tutta Europa. Imperocché il mio principio politico può così formolarsi: Lotta politica-militare a pro del proprietario avverso al possessore.
«Ed è perciò, che in niun modo mi si può negare il carattere di belligerante con le prerogative che ne derivano. E tanto più, che per tutto il tempo della mia campagna politica-militare-reazionaria-borbonica, in tutte le mie operazioni, ho sempre scrupolosamente osservate e rispettate le regole del Diritto delle Genti, relative alla guerra. Da tutto ciò, se ne deduce che la mia qualifica di giudicabile, al cospetto delle leggi tutte è quella di un prigioniero di guerra; e quindi di nulla tenuto a rispondere innanzi alle leggi penali, ecc.
«Ciò premesso, prego la Corte d'assise che, librandosi nelle alte sue vedute, voglia pronunziare che i capi d'accusa pendenti a mio carico, in niun modo essi entrano nella sfera del Diritto penale ma bensì nella sfera politica-militare ove sono inglobati, e come tali escluderli dalla classe dei reati o pure ritenerli come coverti dal sovrano indulto.
« Giuseppe Tardio. »

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Fonte:

LA STAMPA Archivio Storico dal 1867 - Giornale LA STAMPA, Mercoledì 11 Dicembre 1872

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