1815 - Orrendo delitto a Piaggine

1815 - ORRENDO DELITTO A PIAGGINE: ARSA UN'INTERA FAMIGLIA

Per comprendere meglio l'orrendo delitto verificatosi a Piaggine nel 1815 è necessario fare una premessa:
Siamo nel 1815 in piena restaurazione dei Borboni a Napoli, dopo che si erano rifugiati in Sicilia a seguito della sconfitta subita, nel 1806, da parte di Giuseppe Bonaparte, che fu proclamato dai Francesi re delle due Sicilie, ed alla fine del Regno di Gioacchino Murat, divenuto Re delle due Sicilie nel 1808, incoronato con il nome di Gioacchino Bonaparte, quando Giuseppe Bonaparte fu destinato a regnare sulla Spagna. Nel 1815, quindi, tra la sconfitta di Murat da parte degli Austriaci che appoggiavano i Borboni ed il rientro dei Borboni a Napoli, tra la parte del popolo che appoggiava Gioacchino Murat e la parte che festeggiava per il ritorno dei Borboni, il Regno delle due Sicilie era in pieno fermento su tutto il territorio. È in questo caos che si è verificato l'orrendo delitto a Piaggine. Di questo delitto ci sono due racconti molto diversi: uno riportato dal Generale Pietro Colletta nel suo libro "Storia del Reame di Napoli dal 1734 sino al 1825 Volume II - Edizione del 1848" e l'altro riportato da Matteo Mazziotti nel libro "Ricordi di Famiglia (1780-1860) - Edizione del 1916"

I) STORIA DEL REAME DI NAPOLI DAL 1734 SINO AL 1825 - Di Pietro Colletta - Volume II  STORIA DEL REAME DI NAPOLI DAL 1734 SINO AL 1825 - Di Pietro Colletta - Volume II

[...] Già traspariva l'odio pei Murattisti, trattenuto dai comandi del congresso di Vienna; e vedevasi la modestia dei reggitori esser finta, varia, fugace, non assentita dalla coscienza.
Nelle Piagine (Piaggine), torbido e popoloso villaggio della provincia di Salerno, viveva la famiglia Pugli (Puglia), amante invero del cessato governo, ma onesta. Alcuni tristi del paese tornati da Sicilia, avidi di sangue e di prede, assaltano un giorno festivo quella casa, che chiamano dei giacobini, la spogliano e incendiano, e legando con funi tutti della famiglia di vario sesso ed età, li traggono nella piazza. Fanno sollecito apparecchio di aride legna, in gran mole disposte in giro, e vi chiudono nel mezzo non meno di cinque della nemica casa. Accendono le cataste, e quando la fiamma si dilatava, rovesciano le materie sopra quei miseri, che vivi bruciavano, o se alcuno tra le fiamme s'apriva un varco, vi era respinto. Quando i lamenti cessarono, indizio di morte, estinguono il fuoco, e fu visto fra le ceneri miserando cumulo di cadaveri in attitudini varie e pietose; il prete Pugli (Puglia) aveva le braccia incrociate al petto; la donna, per materno zelo, distesi a terra due teneri figliuoli, gli copriva del suo corpo, tal che morti si rinvennero, ma non bruciati, Orrendo spettacolo!
I rei, che stavano allegri e sicuri nel villaggio, furono imprigionati e condannati a morte dalla commissione militare di Salerno, e subito il difensore viene in Napoli, parla al re, rammenta fatti antichi di que' condannati (atrocità di brigantaggio, ma servigi a' Borboni), dice la distrutta famiglia devota a Murat, nemica del legittimo re, ottiene la implorata grazia, e torna frettoloso in Salerno. Ma giustizia di Dio tanti ostacoli oppose al cammino, al parlare col re, al segnare il foglio, che giunse innanzi del rescritto l'ora fatale, ed undici condannati per mano del carnefice furono spenti. Il re n'ebbe sdegno; punì alla cieca il presidente del tribunal militare, e i comandanti della provincia e della divisione, ancorchè suoi devoti.

II)  RICORDI DI FAMIGLIA (1780-1860) - di Matteo Mazziotti  RICORDI DI FAMIGLIA (1780-1860) - di Matteo Mazziotti

Nei primi tempi della restaurazione Nicola Mazziotti (Capitano) dovette accorrere in un comune del suo distretto, Piaggine, in seguito ad un grave eccidio colà avvenuto, e che non è riferito esattamente dal Colletta (Libro 8, N. 10). Un antico capomassa di quel comune tornato da la Sicilia, Nicola Tommasini(1) allorchè le truppe austriache occuparono la provincia, eccitava l'animo della plebe, e specialmente dei più zelanti realisti, contro il tenente dei legionari, certo Puglia che aveva mostrato molto fervore per il cessato governo. Giunto un reparto di truppe austriache a Vallo, il tenente, al pari degli altri ufficiali, ebbe ordine di recarvisi. Qui il comandante austriaco gli ingiunse di condurre cinquanta dei suoi uomini nel comune di Piaggine, per esigere i dazii regii, obbligare il Tommasini a restituire due cavalli dell'esercito sbandato e la popolazione a consegnare molte armi ed effetti di vestiario militare. Il Puglia eseguì l'incarico, ed imprigionò subito alcuni individui tra i più turbolenti. Tali ordini vennero attribuiti a suggestione di lui sicchè gli accrebbero il malanimo della plebe. Di ciò si valse il Tommasini per vendicarsi: invitò il 5 luglio a pranzo i più esaltati popolani e nel fervore del vino li indusse a muovere con lui contro la casa del Puglia. Ferirono il tenente nella via e lo lasciarono per morto, ma il ferito, rimessosi alquanto, potè, nonostante altri colpi a lui diretti, riparare nella sua abitazione. Il giorno 7 quei forsennati assalirono la casa, e montati sul tetto, presero a sfondarlo con grosse pietre ed a gettare nell'interno dell'edifizio fascine accese per obbligare la famiglia ad uscire. Tre persone di essa vennero massacrate sulla porta, il tenente, dopo un colpo di baionetta, fu bruciato vivo innanzi al fabbricato sotto gli occhi di sua moglie e delle sue bambine. Indi saccheggiarono la casa. Alla notizia del truce avvenimento, accorse il giorno 8 sul luogo il giudice di pace del circondario di Laurino per istituire il processo. Egli era scortato da circa ottanta persone, ma, vista l'intera popolazione in armi, dovette ritirarsi nella sua residenza. Nicola Mazziotti andò, con una compagnia dei suoi legionari, a Piaggine chiarì i fatti, ed arrestò i colpevoli. Da un fascicolo di documenti esistente fra le carte di famiglia si desume come egli personalmente avesse compito le indagini per l'accertamento dei rei(2).

(1) Era un tintore. Accenna a lui e ad una sconfitta da lui ricevuta a Padula il di 8 ottobre 1806 il Corriere di Napoli del 15 Nov. dello stesso anno, N. 40.

(2) Il Colletta (vol. 2, libro 8, parag. 10) narra il giudizio e l'esecuzione capitale dei colpevoli.

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